sono le 6.22 di uno stranissimo giovedì mattina di marzo. Ormai sono settimane che la mia sveglia biologica mi impone di sbarrare gli occhi tra le 5.23 e le 6.22. Chissà poi perchè. Tre settimane fa Milano si apriva ad un weekend allegro e spensierato in cui tante famiglie si accingevano a partire per la montagna dove godersi una settimana di sole e neve. Noi ci siamo lamentate: felici in fondo di partire,,,,ma avevamo tanto lavoro da fare e da organizzare e poi diciamocelo con sincerità, la montagna non è luogo di facile gestione dei bambini: metti la tuta, chiudi gli scarponi, porta gli sci, voglio il panino no io la cioccolata, vado dal mio amico a giocare, noooo studia, ho freddo, ho i guanto bagnati, i piedi ghiacciati, sono caduto, mi sono divertita tanto, mi hanno cambiato il maestro, stasera pizzata??? Ecco non eravamo proprio felici ma appena partite è arrivata la prima avvisaglia di qualcosa di mooolto più grande di noi che stava per accadere.
Ricordo ancora che il giorno della partenza due miei amici mi hanno chiamata per chiedermi cosa ne pensassi di questo “coronavirus” e io ho solo detto “non lo so, non mi sembra un’emergenza, non è il colera, la peste o una guerra mondiale”.
Io non mi sono mossa dalla montagna a parte un giorno – ma l’emergenza non era ancora scattata davvero – in cui sono tornata a Milano in giornata per fare il primo di due shooting (il secondo non si farà purtroppo) che abbiamo organizzato nel migliore dei modi cercando di far incontrare meno bambini possibili e mantenendo, per quanto difficile, misure di sicurezza.
Era il 4 marzo. Il primo decreto era stato reso pubblico e tutti eravamo spaventati ma chi più chi meno. IO ho comunque deciso di restare in montagna, perché questo periodo di passaggio dalla collezione invernale a quella estiva prevede che si lavori sulle immagini, sul caricamento del sito e che gli orini siano un po’ in secondo piano. Ho pensato che aprire la finestra e vedere il bianco della neve, qualche raggio di sole ed avere la possibilità di passeggiare all’aria aperta avrebbero reso tutto un po’ più facile. E mi girano le palle a nastro quando poi arriva il commentino acido “ah ma da te non hanno chiuso gli impianti” con emoticon “scioccati”….no qui per ora no, ma li chiuderanno non preoccuparti, così potrai godere del fatto che non potremo andare a sciare anche se qui ci so o 15 persone al massimo e le misure di sicurezza sono state prese. Oppure “ma siete andati a sciare con il coronavirus!!!????”….no amicachenonsisafareicazzipropri…..noi in montagna ci siamo sempre restati, per senso civile e soprattutto per il bene dei nostri bambini.
Ora mi chiedo: ma è così difficile in questa situazione non essere pettegoli ed invidiosi? Tutti a guardare nel piatto dell’altro., tutti pronti a giudicare o a trovare una colpa,
Ecco la mia riflessione delle 6.22 nasce proprio da qui: io non credo che tornerà tutto come prima. Leggo tanta fiducia sui social: che dopo questa paura faremo un mega party, ci godremo di più i locali, mangeremo fuori, ci abbracceremo.
No io non credo: io ho idea che questo virus farà una gran pulizia del nostro vecchio modo di vivere; ci sta costringendo a rivalutare tanti valori persi (e questo in fondo è un bene), ci obbliga ad una convivenza stretta e forzata, alla gestione h 24 dei nostri figli – eh sì è vero che è più facile quando vanno a scuola ma non perché a noi vien comodo “parcheggiarli” da qualche parte ma perché la quotidianità impone che ognuno abbia i propri spazi, le proprie amicizie e necessità….anche i bambini- alla sopportazione dei mariti nervosi a casa, alla gestione completa della casa (dalle mille lavatrici, al l’aspirapolvere, al cambio letti, alla spesa, all’ingegnarsi su cosa cucinare per pranzo e cena) .
Non credo che rivaluteremo tutto ciò che ci è mancato, nel post coronavirus. Penso che saremo diffidenti, che staremo a distanza, che saremo un po’ più solitari. Penso che avremo tutti bisogno di aumentare le sedute di psicoterapia perché questi giorni, settimane e mesi ci imporranno di guardarci dentro, di riaprire il vaso di Pandora in cui abbiamo nascosto paure, sentimenti, sogni….! Che quando entreremo in un locale staremo comunque a distanza. Che ci vorrà del tempo per abbracciare qualcuno (io in questo momento l’unico abbraccio che vorrei dare è quello alla mia mamma e al mio papà che non vedo da tre settimane e che non vedrò credo per altrettante….e mi mancano tanto), per stingere la mano ad un estraneo senza sentire l’impellente necessità di andarsi a lavare. Che utilizzeremo molto di più la spesa online, che se un negozio sarà affollato aspetteremo fuori che si svuoti. Ci spaventeremo per ogni starnuto, colpo di tosse. La prima domanda che faremo agli amici sarà “come stai? i ragazzi? I tuoi?” che solitamente facevamo per routine ma che ora faremo con cognizione di causa.
Io credo negli abbracci, nei baci, nel tenersi per mano, nel sorridersi a 3 cm di distanza. Ma non credo tornerà tutto come prima, o anzi MEGLIO come tanti dicono. Credo che ci siamo comportati tutti male – alcuni mooolto peggio di altri. Credo che se ci fosse stata una migliore informazione e più intelligenza avremmo potuto arginare meglio questo disastro.
Ogni nuovo decreto che arriva è una mazzata, un film del terrore, Un pugno all’economia e alo stomaco di noi esseri umani. Io mi chiedo: come può esserci sfuggito tutto così di mano? SIamo meno intellogenti del popoo cinesi o loro sanno affrontare meglio le emergenze?
Tralascio alcun tipo di commento sui ragazzotti napoletani che brindano al “si fotta il coronavirus” – forse sapendo di un diciottenne in rianimazione il loro mini cervello ricomincerà a funzionare. Così come mi vergogno di parlare dei mercati aperti a Milano super affollati e della chiusura ad cazzum delle attività. Centri commerciali solo durante la settimana….eh? Molto intelligente. Bar chiusi e poi riaperti. La coerenza italiana non è mai stata famosa e questa emergenza ne è a riprova.
Non sono io a dover dare norme comportamentali e sinceramente sono stufa dei mille messaggi che arrivano: vocal di 12 minuti di medici, anestesisti, infermieri. Saranno bufale o saranno veri?
Mascherine e guanti per tutti recapitati dallo stato direttamente a casa. Norme severissime. Polizia per strada. Non potremo bere un caffè al bar? Pazienza, risparmieremo. No all’aperitivo? Io lo faccio in casa con i miei bambini mentre leggo un libro. Niente cene fuori? Ci hanno lasciato Deliveroo!
Ah non hanno chiuso gli e-commerce. Fantastico! Solo che noi per poter aprire con la nuova collezione dovremo fare i salti mortali. Ma ce la vogliamo fare e ce la faremo. Abbiamo tante risorse e tante persone disponibili che amano il nostro prodotto. Una cliente ieri ci ha scritto “In bocca al lupo per questo momento faticoso. Brave che non mollate perché so bene che non è facile. Bisogna comprare da piccole realtà come le vostre per sostenere il coraggio, la forza e la passione”.
Volevo solo dire che secondo me DOPO noi non saremo gli stessi. Saremo un popolo diffidente, spaventati.
“L’Amore ai tempi del colera” è uno dei miei libri preferiti. E allora chiudo con questa citazione ”
“Gli esseri umani non nascono sempre il giorno in cui le loro madri li danno alla luce, ma la vita li costringe ancora molte volte a partorirsi da sé.”
Rinasceremo, ma non so se saremo meglio di prima. Io so solo che farò una gran selezione tra chi voglio e non voglio nella mia vita. Che gli abbracci e le coccole che sto dando ai miei figli aumenteranno in modo esponenziale. Che il mio cuore impazzisce per mia mamma e per mio padre. Che ho voglia di casa e di normalità e nonostante il tempo da reclusi casa mia e la mia famiglia rimarranno l’unico posto certo e sicuro.